domenica 7 aprile 2013

La Siria, una tragedia senza fine : “The Syria that you don’t know”


In questi ultimi due anni (a partire dall’ inverno 2010/11) i paesi del Medio Oriente  e del Nord Africa sono stati sconvolti da bruschi e improvvisi cambiamenti politici e sociali. Manifestazioni politiche che per noi europei erano apparse come movimento nato spontaneamente e pacificamente tra la gente, hanno portato alla caduta di regimi di governo che da lungo tempo erano al potere, quasi da sembrare dittature.
I fattori che hanno portato alle proteste sono numerosi e non sempre facilmente identificabili, ma comprendono senz’altro, tra le principali cause, la corruzione, l'assenza di libertà individuali, la violazione dei diretti umani e le condizioni di vita molto dure, che in molti casi riguardano o rasentano la povertà estrema.
Per esprimere questo fermento di desiderio di cambiamento e di speranza è stato coniato dai media occidentali il termine di “Primavera Araba”, intesa come un nascente processo di trasformazione democratica di questi paesi. I paesi maggiormente coinvolti dalle sommosse sono stati l'Algeria, il Bahrein, l'Egitto, la Tunisia, lo Yemen, la Giordania, il Gibuti, la Libia e la Siria, mentre ci sono stati moti minori in Mauritania, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Somalia, Iraq, Marocco e Kuwait.
A due anni dall’inizio di quella che possiamo chiamare rivoluzione, quattro capi di stato sono stati costretti alle dimissioni o alla fuga: in Tunisia  Ben Ali il 14 gennaio 2011, in Egitto  Mubarak l'11 febbraio 2011, in Libia  Gheddafi che, dopo un sanguinoso conflitto e una lunga fuga da Tripoli a Sirte, è stato catturato e ucciso dai ribelli il 20 ottobre 2011 e infine nello  Yemen Ali Abdullah Saleh il 27 febbraio 2012.
Tuttavia l’organizzazione politica sucessiva di questi stati, anche a seguito di libere elezioni, ha fatto emergere la prevalenza di governi di impronta meno laica e più religiosa, di tendenza islamica e per noi occidentali è sempre più difficile capire cosa realmente stia accadendo e quali siano le reali ragioni (politiche  e internazionali) dietro a questi cambiamenti e più che attendersi “un’estate di pace solare araba”,  ci viene in mente che è già iniziato un “rigido inverno arabo”, dove forze integraliste dell’ambiente musulmano stanno prendendo il sopravvento, con il rischio dell’instaurazione di regimi dominati dalla parte politica dei Fratelli Musulmani .
Un caso ancora più particolare e di maggiore complessità riguarda ciò che sta succedendo in Siria.
La situazione in Siria, a differenza degli altri paesi appare più complessa e di difficile decifrazione.  La  Siria è uno stato cuscinetto tra Israele, Giordania, Libano, Iraq e Turchia. Inoltre è fortemente legata all’Iran in quanto il potere è in mano ad una minoranza religiosa degli Alauiti (10%), una fazione dei musulmani sciiti (e quindi alleati con Iran)  che governa su una maggioranza (60-70%) di sunniti, musulmani dell’Arabia Saudita. E’presente anche una minoranza cristiana (15%), che nonostante le libertà di espressione politica fossero limitate, il governo di Bashar tutelava, essendo il suo un governo prettamente laico. 
In Siria le sommosse popolari del 2011-2012  hanno assunto connotati violenti sfociando in sanguinosi scontri tra polizia e manifestanti, che avevano l'obiettivo di spingere il presidente siriano Bashar al-Assad ad attuare le riforme necessarie a dare un'impronta democratica allo stato. Tuttavia il regime ha proceduto a sopprimere, anche ricorrendo alla violenza, le dimostrazioni messe in atto dalla popolazione, provocando un numero finora imprecisato di vittime tra i manifestanti e le forze di polizia.
In effetti appare sempre più evidente che in  Siria non si tratti soltanto di una questione interna, ma che vi siano implicazioni e strategie politiche internazionali, con l’obiettivo di  creare  nuovi equilibri nell’area.
Fra gli schieramenti che prendono parte a quella che si presenta all'opinione pubblica come "Guerra civile siriana" si devono evidenziare i ruoli di quanti hanno offerto appoggio al governo siriano e di quelli che lo hanno fatto in favore delle forze ribelli. Fra gli stati che hanno espresso il loro appoggio alle forze ribelli si possono menzionare Qatar, Arabia Saudita, Giordania e Turchia che riforniscono le sopra menzionate truppe con materiale e attrezzature logistiche, mentre il governo di Damasco riceve da parte di Russia e Iran rifornimenti in strumenti, armi, oltre a uomini di Hezbollah provenienti dal Libano. 
Per capirne un po’ di più ho chiesto a mio padre, che ha lavorato sino al 2011 in Siria alla costruzione di una centrale elettrica, cosa ne pensasse e quale fosse stata la sua esperienza diretta.
Mio padre, che si è recato regolarmente  per una settimana al mese  dal 2008 al 2011 in Siria, mi ha detto che non si sarebbe mai aspettato  una situazione del genere.  Per quanto fosse percepibile che il paese non disponesse di una completa libertà di espressione politica, soprattutto per la forte presenza di militari e di servizi segreti un po’ dappertutto, tuttavia si scorgeva una nazione che, se pur con fatica, stava cercando di implementare un processo di modernizzazione e di progresso. La gente non sembrava particolarmente interesssata alla politica, quanto piuttosto a fare affari ed aumentare il benessere. Purtroppo quello che si poteva anche constatare era che chi era vicino al partito del Presidente aveva molti più privilegi e più opportunità di acquisire potere economico, inoltre non mancavano poi fenomeni di corruzione.   Questa situazione, resa pubblica tramite internet e i social network ha sicuramente innescato la protesta popolare, purtroppo repressa violentemente dal regime di Bashar Al Assad. Tuttavia mio padre mi ha anche informato che soprattutto all’inizio della rivolta, gran parte della popolazione era a favore del governo e molti scontri militari venivano provocati apposta dai ribelli (molti dei quali non erano neanche siriani), sparando  contro la gente inerme.
Ora purtroppo la situazione  è talmente degenerata che di fatto si tratta di  guerra civile tra popolazioni che fino a pochi mesi prima convivevano in pace.  Mio padre di certo non difende l’operato del governo che si è dimostrato sempre più feroce e crudele contro la propria popolazione ed incapace di trovare una soluzione di mediazione pacifica, tuttavia ritiene che l’origine di questa guerra non risieda solo e soltanto all’interno della Siria, ma forse e soprattutto al di fuori dei confini del paese, nel conflitto tra due diverse impostatazioni della presenza politica dell’islam (sciita (Iran ) o sunnita (Arabia Saudita) e  nel rapporto con Israele.
Mio padre non riesce a dare una spiegazione completa a tutto ciò, ma per quel che può valere, mi ha consegnato questa presentazione che gli ha mandato un amico siriano all’inizio della guerra, dove appare chiaro il messaggio secondo il quale  i siriani stessi non capiscono la ragione di tanta violenza e il motivo delle ingerenze straniere in Siria, “visto che non c’è il petrolio” (spesso motivo principale di molti conflitti) e che il loro paese possedeva  (perchè purtroppo dopo due anni di guerra molto è andato distrutto)  patrimoni storici, artistici e culturali  tra i più antichi all mondo, meritevoli di salvaguardia.





di Daniele Alessi

Nessun commento:

Posta un commento